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lunedì 19 luglio 2010

Gallipoli

STORIA DI GALLIPOLI
Il suo nome è "Kalé Polis" significa città bella.
Negli ultimi decenni Gallipoli è molto cresciuta dal punto di vista urbanistico e si è andata sempre più consolidando la sua fama di ambita meta turistica. Il litorale di Gallipoli è tra i più belli d'Italia, formato da scogliere basse, lidi sabbiosi e soprattutto da un mare che invita ad immergersi nelle sue acque cristalline.
Attualmente Gallipoli conta circa 25.000 abitanti, è una delle città più belle e note del Salento e svariate sono le strutture turistiche che durante l'estate accolgono circa 200.000 vacanzieri.
La perla dello Ionio per antonomasia è una cittadina con una forma strana, c’è un'isola collegata alla terra ferma da un ponte. Il nucleo antico è un dedalo tortuoso di viuzze e tutte si congiungono con una strada circolare che corre lungo le antiche mura della città.
Gallipoli può essere considerata come divisa in due zone: la “città vecchia” e il “borgo nuovo”.
Corso Roma divide la città nuova in due parti, dette rispettivamente di “scirocco” e “tramontana”; al suo imbocco ha inizio il borgo nuovo. Questa parte di Gallipoli si contraddistingue per le numerose strutture turistiche e per gli edifici di costruzione moderna, come il Palazzo di vetro, detto anche Grattacielo, un palazzo modernista di 90 piani, costruito alla fine degli anni ‘70.

Le origini di Gallipoli sono confuse: ritiene che sia stata fondata, altre fonti sostengono sia nata nel 389 a.C. ad opera di alcuni profughi siciliani Probabilmente però fu fondata dai Messapi infatti, Plinio, nel menzionare la città, si esprime col nome di "ANXA" (termine di risonanza messapica). Tale dovette essere la denominazione originale, dal momento che Gallipoli fu assoggettata a Taranto, che esercitava il proprio dominio sui maggiori centri e porti della Messapia.
I Messapi erano gli abitanti della parte meridionale della Iapigia (Puglia) distinti dai Peuceti (terra di Bari) dai Dauni (terra di Foggia) e riconosciuti con il nome di Salentini. Non si sa bene da dove derivi il loro nome. Si pensa significhi "popolo tra due mari" perché si erano stabiliti nella zona a sud della Puglia, tra il Mar Adriatico e quello Ionico, e perché nel loro nome si avverte la presenza del suono "ap", come anche in Iapigi e Apuli, che vuol dire "acqua". Si pensa anche voglia dire "domatori di cavalli" (equorum domitores, come li definisce Virgilio); infatti allevavano i cavalli. Secondo testimonianze storiche, essi sarebbero arrivati a Otranto intorno al 1000 a.C., in quanto punto più vicino all’Albania, e poi sarebbero scesi fino a S. Maria di Leuca e risaliti fino a Taranto .

Durante il 265 Avanti Cristo, Gallipoli fu conquistata dai Romani, che in quel tempo erano una delle maggiori potenze in Italia. Questi migliorarono i sistemi di comunicazione della città, trasformando così la città di Gallipoli in un centro militare, e in seguito in municipio.
Successivamente, venne occupata dai Barbari, nel 450 che saccheggiarono la città, e segnarono uno dei momenti più terribili e crudeli nella storia di Gallipoli. Durante il 500, Gallipoli, insieme alla maggior parte del Salento, furono dominati dai Bizantini.
Più tardi, nel 542 Dopo Cristo, Gallipoli, venne ricostruita da cima a fondo, dall’ Impero Romano che la potenziò di apparati difensivi, come la costruzione del castello in difesa del centro storico di Gallipoli. Gallipoli, divenne uno dei centri navali e militari più importanti dello Ionio. In questo periodo inoltre, imparò come in tutto il Salento, la religione Greco- Ortodossa, le tradizioni e la lingua dei Bizantini.
Durante il XI secolo, Gallipoli e il Salento, vennero occupati dai Normanni che liberarono la città dai Greci, e successivamente, dopo un periodo di tranquillità, la città, subisce un ferocissimo assedio dal re Carlo I D’ Angiò , che durò fino al 1268. Successivamente, trovò la forza di espandersi, grazie al continuo aumento delle attività portuali.
Dopo varie dominazioni di breve periodo, Gallipoli passò sotto il dominio Spagnolo. Durante questo periodo, ebbe un incremento di attività artigiane, i traffici mercantili diventavano sempre più importanti, come il commercio dell’ olio per le lampade, insomma la città diventò sempre più ricca e importante.
Successivamente, Gallipoli entrò a far parte del Regno di Napoli, e Ferdinando I di Borbone, iniziò una serie di migliorie per la città, la più importante è quelle della costruzione del porto.
Il successivo periodo Borbonico. Fu il periodo di maggior fertilità e proprio durante questo periodo si ebbe, nel tessuto sociale, lo sviluppo delle Confraternite, ovvero delle corporazioni dei mestieri con una forte componente religiosa. Infatti proprio le confraternite fecero con la loro devozione splendere le tante chiese gallipoline.
Gallipoli oggi, si è trasformata in una delle città turistiche più importanti del Salento e sicuramente anche d’ Italia.
Nel campo commerciale Gallipoli vanta una tradizione antichissima: la produzione del cosiddetto "oro gallipolino" nei frantoi ipogei scavati nella roccia marina, l'olio ristagnava in attesa di essere imbarcato e trasportato attraverso tutto il mediterraneo.
Nella Gallipoli antica, sotto le strade del borgo, sono stati rinvenuti due frantoi ipogei recuperati e restaurati, completamente scavati nella roccia che testimoniano le modalità di molitura delle olive dei tempi passati.


FONTANA GRECA

Abbiamo poi la Fontana Greca- Romana è situata nei pressi della banchina del porto di Gallipoli, vicino al Palazzo di Vetro. Costruita nel III secolo a. C., presenta due facciate, che sembrano risalire a due epoche diverse. Essa venne eretta dalle popolazioni elleniche (o, secondo gli studiosi, durante l’epoca rinascimentale) nella zona denominata Fontanelle, e solo in seguito venne trasferita nei pressi della chiesa di San Nicola, ormai distrutta.

Rappresenta le metamorfosi ad opera degli Dei di tre ninfe in fonti: Circe, Salamace e Biblide.
Come abbiamo detto prima, la fontana è composta da due facciate, apparentemente costruite in epoche diverse, su di un lato di essa, possiamo trovare un abbeveratoio per gli animali.


CHIESA DEL CANNETO
Nome è dovuto alla leggenda che vuole il ritrovamento di una immagine della Vergine Maria tra le canne della palude vicina. Quest’edificio sacro fu riedificato dalle fondamenta nel 1696 sullo stesso luogo in cui sorgeva la vecchia chiesa, E’ un gioiello di architettura barocca ed imita all’interno l’impianto e le decorazioni lapidee della Chiesa Cattedrale. Al suo interno conserva pregevoli dipinti del XVII e XVIII secolo tra cui, una “Santa Lucia” pittore gallipolino, gian domenico catalano, ed un “martirio di S.Cristina”. Nel presbiterio è oggi conservata la statua lapidea di S.Nicola XVI sec Notevole il controsoffitto a lacunari dei primi anni del ‘700 che esibisce al centro l’immagine dipinta sul legno della Madonna del Canneto, da un originale in tela che si conserva in ovale nell’abside dove si può anche ammirare un bell’esempio di statuaria in cartapesta raffigurante la Visitazione di Maria Vergine. Questo tempio è caro alla memoria dei Gallipolini che nella piazza antistante usavano praticare una fiera in luglio nella ricorrenza della festa della Madonna del Canneto.

CHIESETTA S. CRISTINA
La cappella di Santa Cristina, Presso la banchina d'attracco dei pescherecci si affaccia sul mare ED è Una costruzione povera che richiama la condizione semplice di chi ne ha voluto la costruzione: i pescatori. La facciata quadrangolare, su cui si apre una porta di accesso, è sormontata da un tetto a doppio spiovente ricoperto da embrici e da un campanile a vela con croce in pietra.
La chiesetta rimase esposta per più secoli alla forza del mare, quando ancora non esisteva l’attuale molo e le onde s’abbattevano con furia sulla fragile costruzione, tanto da accrescere la convinzione nei Gallipolini circa la particolare protezione accordata dalla Santa a questo antico tempietto.


CASTELLO
Il castello Angioino di Gallipoli venne costruito al XIII Secolo, durante il dominio Angioino
Circondato quasi completamente dal mare, è situato nei pressi del ponte che collega la città vecchia con la città nuova. In passato, per accedere al Castello, che aveva la funzione di proteggere la città dai numerosi attacchi dei popoli stranieri, doveva essere oltrepassato un ponte levatoio in legno. Attualmente il Castello è a base quadrata, e presenta quattro torri ad ogni angolo; al suo interno è diviso in grandi sale con volte a croce. Nel XVI secolo al castello venne aggiunta la fortezza del Rivellino con il progetto di Francesco Giorgio Martini.
Rivellino: Costruito subito dopo il castello, all'inizio del 1500, il Rivellino è costituito, essenzialmente, da un torrione fortificato con funzione sia di bastione avanzato per la difesa della città contro gli assedi, sia di controllo su traffico tra la terraferma ed il borgo. Provvisto, un tempo, di catapulte o cannoni, consentiva, con la sua mole, una gettata tale da scoraggiare il nemico ad un eventuale assalto, impedendogli di avvicinarsi al castello ed alle prime mura fortificate. E', ancora oggi, completamente isolato e vi si può accedere mediante un pontile costruito in legno. Tali caratteristiche, pratiche e funzionali, furono messe a punto alla fine del 1400, dall'architetto senese Francesco Di Giorgio Martini. La sua costruzione durò diversi anni: progettato, infatti, sul finire del 1400, sotto il governo spagnolo del viceré di Napoli, vide il completamento solo attorno al 1515.
Alla base si può osservare il ‘Monumento al riccio’, un'opera di Enrico Muscetra
Realizzata nel 2001 e finanziata interamente con il ricavato di un concerto di Goran Bregović a Gallipoli, l'opera è stata oggetto di critiche e apprezzamenti di vari artisti e scrittori.
Inizialmente posta dinanzi al Teatro Schipa, nel marzo 2007 è stata trasferita qui, su un gruppo di scogli che affiorano dall'acqua.
La collocazione originaria del monumento suscitò molte proteste da parte degli abitanti di Gallipoli, culminate in una poesia satirica (lu rizzu ppoppatieddhu) in dialetto gallipolino scritta da Valfredo De Matteis.
L'opera è stata ribattezzata dai Gallipolini Rizzara, parola dialettale indicante quella specie che, non contenendo le prelibate uova, viene considerata uno scarto, ma comunque sottolinea la passione per i ricci di mare che vengono venduti dappertutto, lungo le strade principali della città in banchetti ambulanti e soprattutto nel vasto mercato del pesce che si sviluppa a Gallipoli in Piazzale della Dogana a pochi passi dal Castello Angioino. E’ un arte antica quella dei pescatori che vi porgono i frutti dopo aver praticato sulla calotta superiore un bel taglio netto con il coltello.

PORTO
A Gallipoli sono presenti due porti.
Il Porto Peschereccio, o Antico, è il porto di Gallipoli più antico. Situato nei pressi della Fontana Greca, si estende per circa 50 metri ed è usato per ormeggiare le Paranze dei pescatori i quali svolgono un’attività di pesca quasi interminabile per tutto l’arco dell’anno, e grazie al Mercato Ittico, commercializzano i prodotti pescati. Negli ultimi anni, questo porto è stato migliorato grazie ad una serie di ristrutturazioni. Durante il tramonto, quando i pescherecci e le Paranza fanno rientro, il Porto di Gallipoli diventa uno scenario molto pittoresco da ammirare.
Il Porto Mercantile ha un’estensione di 80.000 metri quadrati, e si sviluppa lungo una parte della città vecchia. Il porto di Gallipoli è situato su un promontorio e su una piccola penisola a ponente del Salento collegati tra loro da un ponte di 70 metri. Protetto dal Molo Foraneo, che si allunga con il Molo Tramontana. A ovest c'è il porticciolo San Giorgio. Un altro bacino, chiamato Seno del Canneto, è riservato a 184 posti per le imbarcazioni da pesca. Il porto di Gallipoli era rappresentato da un canale naturale e di grossa portata che risultava riparato dal vento di levante della terra ferma, dal vento di mezzogiorno e dal ponte che congiunge la terraferma con lo scoglio sottostante alla città.
Nel 1484 il porto di Gallipoli fu conquistato dai veneziani e ristrutturato rendendolo più agibile.
Dopo un po' di tempo passò agli aragonesi che lo ritennero favorevole per gli scambi e così divenne una delle mete più privilegiate del Salento, un luogo ideale per il commercio, in particolare di olio e di vino.


CITTA’ VECCHIA
La città vecchia invece sorge su di un’isola calcarea collegata alla terra ferma attraverso un ponte seicentesco ad archi, in muratura, ed è caratterizzata dall’accostamento di edifici risalenti a epoche e culture differenti. L’impianto urbanistico, strutturato attraverso l’intreccio delle vie strette e tortuose, ricorda quello islamico; esso risale infatti al periodo della dominazione saracena, nel 900 d. C.
La parte antica è, senza dubbio, quella più bella e caratteristica, sembra che il tempo non sia mai passato.
La posizione geografica della città ha rappresentato per il passato un problema, poiché era facile preda di attacchi ed assedi. Per questo motivo, sorsero delle grandi mura che recintavano il chilometro e mezzo di perimetro dell’isola. Di questa bastionata che aveva il suo fulcro nel castello, adesso è stata ridimensionata e fino al livello stradale e vi è nata una strada panoramica che si affaccia sul mare, potendo godere di un panorama unico nel suo genere.
All’interno del borgo antico vicoli si intersecano con strade tortuose, così fatte per imbrigliare il vento e per trattenere i nemici dove si vive quasi “porta a porta” in abitazioni dall’architettura vagamente orientale e sulle quali improvvisamente si aprono facciate barocche, prospetti di palazzi signorili (palazzo Tafuri, p. Senape, p.Bolzano, p.Venneri). Sole, le numerose chiese guardano il mare come se chiedessero protezione a Dio per la città: Chiesa di San Francesco, Chiesa dell’Immacolata, Chiesa di Santa Maria degli Angeli, Chiesa Crocefisso, Chiesa del Rosario ed infine Chiesa delle Anime. Imboccando via De Pace, strada stretta che divide l’intero “borgo antico”, popolate da negozietti e trattorie, all’improvviso nel fronte più alto si rivela la Cattedrale di Sant’ Agata.
Ancora oggi è molto sentita la tradizione delle confraternite, anche tra i giovani. L’anima del popolo gallipolino è ancora legato alle sacre tradizioni,retaggio sia del primo cristianesimo che del successivo periodo spagnolo, fatte di severo misticismo, di confraternite che accanto alle devozioni causarono i segreti della arti e dei mestieri . Suggestivi sono i riti della Quaresima, della settimana Santa, quando per le tortuose vie del borgo antico si muovono lunghe e solenni processioni che ci riportano ad epoche passate con tutte le confraternite schierate.
Le confraternite esistono in Europa già dal IV secolo d. C. In Italia si diffondono a partire dall’anno 1000. Erano operanti soprattutto in missioni umanitarie negli ospedali e tra i poveri colpiti da malattie.
“Nel Medio Evo c’era l’assoluta mancanza di una qualsiasi forma di assistenza pubblica e delle più elementari garanzie specialmente per i poveri.
Dalle confraternite religiose discendono anche le corporazioni delle arti e dei mestieri, ossia le più antiche forme di sindacato, chiamate in origine "Monti di Pietà" e poi: "Società operaie di mutuo soccorso".
Vi appartenevano esponenti di vari strati sociali, spesso anche nobili. I confratelli assistevano le vedove e gli orfani nei casi di difficoltà economiche, nelle infermità, nella difesa dai soprusi della legge, dalle prevaricazioni e dalle persecuzioni dei potenti.
Assistevano anche gli ammalati, gli incurabili, i carcerati, i condannati a morte, davano la dote alle giovani più derelitte e povere, che rischiavano pertanto di cadere, per fame, nella prostituzione.
Si prodigavano per il recupero delle persone deviate e delle prostitute pentite, degli ex detenuti, si impegnavano nel riscatto dei cristiani caduti schiavi dei saraceni. Di grande valore umanitario fu poi l'assistenza agli ammalati contagiosi , che nessuno voleva avere vicino e la pietosa opera di sepoltura dei morti abbandonati, degli assassinati, dei poveri, delle vittime nelle epidemie, degli stranieri, degli sconosciuti… Per molti secoli le Confraternite religiose e/o laicali, le Corporazioni e le Università delle Arti e dei Mestieri, hanno costituito il tessuto connettivo della religiosità, della laboriosità popolare, della stessa società civile, molto spesso concorrendo, in diretta, al governo cittadino e alla gestione politica, sociale e culturale della comunità stessa, di cui erano, fin dalla loro fondazione, insostituibile parte integrante.”
Le Confraternite pertanto sono associazioni cristiane fondate con lo scopo di suscitare l'aggregazione tra i fedeli, di esercitare opere di carità e di pietà e di incrementare il culto e l'amore a Cristo. Sono costituite canonicamente in una Chiesa con formale decreto dell'Autorità ecclesiastica che sola le può modificare o sopprimere ed hanno uno statuto, un titolo, un nome ed una foggia particolare di abiti: indossavano un saio per nascondere la propria identità, coprendo il proprio volto con un cappuccio. I loro componenti conservano lo stato laico e restano nella vita secolare; essi non hanno quindi l'obbligo di prestare i voti, né di fare vita in comune, né di fornire il proprio patrimonio per la confraternita.


CHIESE E CONFRATERNITE ALCUNI ESEMPI
BOTTAI: Ss.MO CROCIFISSO
Alla Confraternita del Ss.mo Crocifisso, appartengono i bottai, La categoria dei bottai era la più numerosa e la più dinamica: nelle numerose fabbriche di bottame esistenti in Gallipoli lavoravano, nei periodi di prosperità economica, oltre 400 operai che fabbricavano fusti che servivano per l’esportazione dell’olio, del vino e, vuoti, per essere venduti in località italiane e straniere .

PESCATORI: S.M. DEGLI ANGELI E S.CRISTINA
Confraternita di Santa Maria degli Angeli i pescatori;gli artisti e gli agricoltori. Partecipa insieme alla Confraternita del Crocefisso alla processione dei Misteri del Venerdì Santo. La chiesetta di Santa Cristina poco dopo la sua nascita venne sconsacrata e successivamente utilizzata dai pescatori come deposito per le loro reti. Solo nel 1865 le venne ridata la sua primaria dignità di chiesa cattolica, riaprendola al culto cristiano in occasione della preghiera d’aiuto che la popolazione gallipolina rivolse a Santa Cristina per riuscire ad allontanare l’epidemia di colera che stava distruggendo la città.

SCARICATORI DI PORTO: S. MARIA PURITA’
Confraternita di Santa Maria della Purità i "bastaggi", appartiene alla confraternita degli scaricatori del porto e de facchini, che la costruirono nella seconda meta' del '600. Questa chiesa si distingue dalle altre perche' presenta marmi, maioliche, sia nel pavimento, sia nella facciata. All'interno, i dipinti su tela ricoprono la volta. Fu organizzata come Congregazione degli scaricatori di porto e dei facchini.

FALEGNAMI: S. CHIARA. La chiesa appartiene alla confraternita dei falegnami e fu fondata alla fine del 1500 insieme al monastero (distrutto purtroppo nel 1971) da un gruppo di gentildonne di Gallipoli.L'edificio ha una facciata grande e liscia con un modesto portale rinascimentale. L'interno, ricco e sfarzoso, accoglie il grande organo ligneo in puro stile barocco, opera del 1628.

FABBRI E NEGOZIANTI: S. Francesco di Paola. La chiesa è sede della Confraternita di Santa Maria ad Nives o Cassopo., composta da fabbri ferrai e negozianti.


CATTEDRALE S. AGATA
La cattedrale di Gallipoli, costruita sulle antiche rovine della chiesa dedicata a S. Giovanni Crisostomo. Affiancata dalla Torre dell'Orologio, la cattedrale spicca nel centro della citta'. Lo stile barocco e' manifestato soprattutto nella facciata , raffigurante i profili di due teste d'angelo. L'interno della chiesa, anche esso in stile barocco, si sviluppa su tre navate.
Il Museo Diocesano, dove sono conservate alcune statue provenienti dalla Cattedrale, opere del Palazzo Vescovile di Gallipoli, manufatti dell'ex Chiesa di Sant'Angelo e della Chiesa del Rosario.
Chiesa di Sant’Agata: Sant'Agata, dal greco "buona, nobile di spirito" (Catania, 230Catania, 5 febbraio 251), è, secondo la tradizione cristiana, una giovane santa vissuta tra il III e il IV secolo, durante il proconsolato di Quinziano che innamorato della vergine e rifiutato la fece arrestare. Non riuscendo a farla desistere, la sottopose a varie tortore, le vennero strappati anche i seni, e infine la fece bruciata viva.
La splendida Basilica Concattedrale di Sant'Agata Vergine e Martire Patrona della Città, si raggiunge facilmente nel nucleo vecchio della "città bella"L'attuale chiesa è stata elevata a Basilica Pontificia Minore Essa fu costruita in poco meno di settant'anni (1629-1696), in luogo di un'altra più antica, dedicata a S. Giovanni Crisostomo.
La data del completamento della costruzione (1696) appare proprio in un'iscrizione sulla facciata, che si presenta quasi all'improvviso tra le mura fortificate e intersecate da una fitta trama di vicoli e corti fiorite del centro storico della città, in prossimità del settecentesco palazzo del Seminario. La facciata è realizzata in carparo locale forse ad opera di Giuseppe Zimbalo un architetto e scultore italiano. Detto lo Zingarello, fu l'architetto più famoso e imitato del barocco leccese.
Nel capoluogo salentino, oltre alla facciata inferiore del convento dei Celestini, l'artista realizzò il duomo (1659-1670); nel 1666 la colonna di Sant'Oronzo; a chiesa del Rosario (1691).
L'interno della chiesa è ripartito in tre navate a croce latina, scandito da un colonnato con fregio di sapore rinascimentale. Entrando nella chiesa si ha la straordinaria impressione di vedere un unico grande dipinto, una vera e propria galleria di pittura sacra che sembra rivestire ogni angolo dell'interno, dalle volte fino al magnifico presbiterio. Diversi, infatti, sono i pittori e gli artisti che hanno contribuito alla ricca decorazione pittorica della basilica: va menzionato anzitutto l'artista gallipolino Giovan Andrea Coppola 1600circa.
A lui si devono numerose tele, tra cui le magnifiche pale dei Miracoli di San Francesco (II altare a sinistra), del Martirio di Sant'Agata (transetto sinistro), dell'Adorazione dei Magi (III altare a sinistra). Un ritratto dell'artista si può intravedere nel personaggio che si vede a destra sotto la prima arcata dei Miracoli di San Francesco e nella figura di profilo sull'estrema destra nella tela dell'Adorazione dei Magi.
Un altro artista che ha notevolmente contribuito alla galleria delle pitture della Basilica Concattedrale è il napoletano Nicola Malinconico 1700circa, di cui si può ammirare tra l'altro una grande tela sulla controfacciata, raffigurante Gesù che scaccia i profanatori del Tempio e un'immensa pala di 100 mq raffigurante il Martirio di Sant'Agata che copre interamente la volta del tiburio. Anche le tre tele raffiguranti scene della vita di Sant'Agata, che si possono ammirare nella volta della navata centrale, finemente decorata da un impalcato in legno sono del Malinconico.

SAN FRANCESCO D’ASSISI
La chiesa di S. Francesco d'Assisi, Il cosiddetto "pantheon delle glorie gallipoline", ricco di testimonianze nodali del passato della città, sorge di fronte all'antico bastione civico denominato del "Cavaliere" o anche"Baluardo di san Francesco". La costruzione della chiesa, la più antica di Gallipoli, è stata voluta, secondo la tradizione, dallo stesso "poverello d'Assisi", ed è avvenuta in circa tre anni ( dal 1217 al 1220). Distrutta con tutta la città nel 1268 da parte degli angioini, la chiesa e l'attiguo convento vennero ricostruiti di dimensioni più modeste. L'interno dell'edificio è a pianta rettangolare a tre navate e, in fondo alla navata centrale, si può ammirare il presbiterio con balaustra in marmo bianco che ospita l'altare maggiore. Tra le dieci cappelle che si aprono lungo le navate laterali, entrando a destra, segnaliamo, il Cappellone a pianta ottagonale, reso famoso dalla presenza dell'opera barocca del Crocifisso Misma, meglio nota come "ll Malladrone". Il malladrone è certamente l'opera più conosciuta della chiesa di San Francesco d'Assisi. La statua lignea, opera dello scultore Vespasiano Genuino, ha un'espressione insieme terrificante, disperata, beffarda, iraconda e grandiosa.
Di quest’ultima si racconta che tanti anni addietro, quando arrivava il Venerdì Santo, la gente malediva il Malladrone e ad un certo punto della funzione religiosa, intingevano una spugna nell'acqua e aceto e con una canna gliela avvicinavano alle labbra, come fecero i giudei con Gesù Cristo. Era una sorta di dispetto, di vendetta, perchè lui non si era pentito neppure in punto di morte e anzi insultò Nostro Signore. Poi questa cosa non si è usata più, evidentemente anche noi ci siamo stancati davanti a un individuo tanto cocciuto che non s'arrende mai, di fronte al suo sorriso di scherno che sembra che ti compatisca e che ti dica così: "Povero tu che sei così buono e ti fai mettere i piedi addosso da tutti!".
Il Malladrone è sempre lì e ogni volta che entriamo ci ricorda che il male non muore mai e dobbiamo sempre combatterlo.

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